Riassunto del manuale ” Diritto Amministrativo ” di Elio Casetta a cura di Fabrizio Fracchia
ultima edizione
Seguono alcune pagine dimostrative del riassunto Diritto Amministrativo di Casetta.
Capitolo I L’AMMINISTRAZIONE E IL SUO DIRITTO
- La nozione di pubblica amministrazione
Il termine “amministrazione”, in generale, indica la cura in concreto di interessi ed è riferibile ad un qualsiasi soggetto (persona giuridica, pubblica o privata) che svolge un’attività rivolta alla soddisfazione di interessi correlati ai fini che il soggetto stesso si propone di perseguire. Oggetto del nostro studio sarà l’analisi dell’amministrazione regolata da norme giuridiche e svolta per la soddisfazione d’interessi pubblici, ovvero dell’amministrazione-attività, meglio nota come amministrazione in senso oggettivo. Quest’ultima è collegata all’amministrazione in senso soggettivo: è amministrativa l’attività posta in essere dalle persone giuridiche pubbliche e dagli organi che hanno competenza alla cura degli interessi dei soggetti pubblici. Ambedue i concetti si completano a vicenda e nessuno dei due può prescindere l’uno dall’altro.
Nel quadro tracciato dalla Costituzione, l’attività amministrativa viene esercitata anche da organi cui istituzionalmente essa non competerebbe e l’amministrazione in senso soggettivo esercita anche funzioni diverse da quelle istituzionalmente proprie; da ciò deriva quindi che la nozione di amministrazione in senso oggettivo non coincide con quella di amministrazione in senso soggettivo. Inoltre, quest’ultima si estrinseca con atti che, oltre che per il loro contenuto, si distinguono per la forma con la quale vengono emanati: si parla a riguardo di amministrazione formale.
Nell’era feudale le funzioni amministrative venivano espletate sulla base di un diritto ereditario e gli interessi privati si intrecciavano con quelli pubblici. Nella fase che ha preceduto la Rivoluzione Francese, il principio della separazione dei poteri risultava ancora inattuato e quindi le funzioni che oggi chiameremmo amministrative erano strettamente connesse a quelle giudiziali. Successivamente alla rivoluzione francese si assiste all’aumento delle dimensioni dell’amministrazione dovuto al moltiplicarsi di esigenze di tutela provenienti da classi sociali prima relegate al margine della società.
Amministrazione in senso soggettivo equivale a dire organizzazione amministrativa: è proprio a quest’ultima che la nostra Costituzione dedica una lacunosa disciplina. Nonostante che la Sezione II del titolo III (dedicato al Governo) della parte II Cost. sia intitolata “La pubblica amministrazione”, l’art. 97 parla di “pubblici uffici”. In tal senso, sembra che sia stata accolta la concezione cavouriana dell’amministrazione facente capo al governo, responsabile di fronte al parlamento. Si tratterebbe però di un’interpretazione fallace perché la concezione cavouriana è contraddetta dall’affermazione costituzionale del principio di autonomia e della sua realizzazione attraverso la possibilità per gli enti territoriali di darsi un indirizzo politico amministrativo non in sintonia con quello del governo dello Stato. La crescita di centri di imputazione di interessi autonomamente gestiti ha contribuito alla formazione di un’amministrazione tesa ad aumentare di dimensioni. Al fine di arginare il fenomeno del dilagarsi di vari soggetti pubblici, il legislatore ha tentato di ridimensionare la situazione, sia trasformando molti soggetti pubblici in privati (c.d. privatizzazione), sia istituendo soggetti privati con il compito di perseguire finalità pubblicistiche, sia avvalendosi di soggetti privati preesistenti per lo svolgimento di compiti pubblicistici (c.d. organi indiretti).
Da ciò deriva una difficoltà nel tracciare una definizione normativa di amministrazione pubblica. La più esaustiva sembra ad oggi essere quella che si rinviene nell’art. 1.2 del d. lgs.165/01 ove si definiscono le pubbliche amministrazioni come “tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al d. lgs. 300/1999”.
- La pubblica amministrazione dopo l’entrata in vigore della Costituzione, i suoi mali recenti e i rimedi posti in In particolare: il problema della riforma della PA
Il numero degli enti pubblici è mutevole nel tempo: di conseguenza l’ambito della PA tende a estendersi o contrarsi a seconda dei momenti storici. Al momento dell’entrata in vigore della Costituzione, la brevità della durata in carica dei governi e l’ampliamento del numero degli uffici amministrativi ministeriali avevano generato una distanza dell’apparato burocratico dai vertici politici dei vari dicasteri. Ciò fu reso possibile dalla sottrazione di competenze appartenenti ai singoli ministri che vennero attribuite all’istituto della dirigenza. L’apparato dirigenziale fu al centro di un palese tentativo di addomesticamento realizzato mediante la collocazione, nei posti di maggiore importanza dell’amministrazione dello Stato, di persone politicamente legate ai partiti di governo. Questa abnorme crescita dei partiti e la necessità di finanziamenti sempre maggiori ha determinato la commissione di reati contro la P.A. all’interno e all’esterno di essa, provocando una dura reazione dell’opinione pubblica. Ecco dunque che, a partire dalla fine degli anni 80, si è messa mano alla stagione delle riforme ispirata l’esigenza di dettare rimedi rapidi e idonei a ripristinare la moralità pubblica.
Innanzitutto, il legislatore si è mosso nella direzione dell’attuazione di norme e principi costituzionali in materia amministrativa: si pensi alla l. 241/1990 sul procedimento amministrativo e alla legge sulle autonomie locali (n. 142/1990 modificata con n. 265/1999 ora riunite in un testo unico). Inoltre, il legislatore ha introdotto una distinzione tra indirizzo politico e gestione. Essa emerge sia dal d.lgs. 165/2001, sia dalla normativa sugli enti locali. La “legge Bassanini uno” (59/1997), “Bassanini bis” (127/1997) e la “Bassanini ter” (191/1998) costituiscono tre esempi di riforma la cui attuazione ha determinato rilevanti modifiche dell’attività e dell’organizzazione amministrativa. Queste leggi hanno lo scopo di attuare un decentramento di poteri. Una incisiva riforma costituzionale che ha importanti ripercussioni sull’amministrazione e sul suo diritto è stata posta in essere con la l. cost. 3/2001 che ha modificato il titolo V della parte II Cost. Deve poi essere citato anche il d.lgs. 104/2010 che ha introdotto il codice sul processo amministrativo e le numerose manovre adottate per far fronte alla crisi economico-finanziaria affiancata a quella delle istituzioni: una risposta è stata la disciplina per la lotta alla corruzione e alla illegalità (l. 190/2012).
queste sono solo alcune delle 200 pagine che compongono il riassunto.
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