Riassunto del manuale ” Procedura Penale ” di Dominioni, Corso, Gaito, Spengher Galantini.
Ultima edizione
Seguono alcune pagine dimostrative del manuale di procedura penale Dominioni
CAPITOLO 2 L’ADATTAMENTO DEL DIRITTO INTERNO ALLE FONTI EUROPEE
Paragrafo 1 Osservazioni preliminari: vecchi schemi e nuovi modelli
A partire dal 2004 in Europea si sono verificati una serie di cambiamenti che hanno avuto (fra le varie conseguenze) forti ripercussioni nel diritto penale processuale:
- Si è passati dall’Europa dei 15 all’Europa dei 25 con l’ingresso di 10 nuovi Stati.
- E’ stato regolamentato il Mandato di Arresto Europeo (MAE) che ha sostituito, fra i paesi europei, la disciplina dell’estradizione.
- E’ stata definitivamente riconosciuta la supremazia delle regole sovranazionali e delle sentenze delle Corti Europee (non solo la Corte di Giustizia ma anche la Corte europea dei diritti dell’uomo) sulle legislazioni nazioni e sulle vicende giudiziarie interne (basti pensare come esempio a due recenti sentenze adottate dalla Corte di Strasburgo con cui i giudici hanno dichiarato che alcune disposizioni del c.p.p. italiano in materia di contumacia, violano l’art 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e devono per ciò essere modificate.
Tutti questi cambiamenti sono stati il punto di partenza per l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona (2009). Fra le varie novità introdotte da questo trattato, non bisogna dimenticare il tentativo di armonizzare il diritto penale processuale vigente nei diversi Stati membri.
Paragrafo 2 L’obbligo di interpretare in senso europeo la disciplina interna: il problema delle Decisioni Quadro e delle direttive
Una regola che vige ormai da tempo nel nostro ordinamento, così come negli ordinamenti delle altre nazioni europee, è la prevalenza del diritto comunitario sul diritto interno. A ciò si aggiunge l’obbligo del giudice nazionale di interpretate le norme nazioni alla luce delle norme comunitarie. Questa regola vale non soltanto in presenza di una direttiva, ma anche quando viene adottata una Decisioni Quadro (strumento sempre più utilizzato dal legislatore comunitario per indirizzare l’azione dei legislatori nazionali i quali, per mezzo di questo strumento normativo, vengono vincolati sul risultato da raggiungere ma non in merito ai mezzi e alla forma da utilizzare).
Sia per le Direttive che per le Decisioni Quadro esiste un limite fondamentale: non possono essere violati i principi generali del diritto che regolano la vita dell’ordinamento (si pensi come esempio, in materia di procedura penale, il principio della certezza del diritto, quello della non retroattiva della legge penale più sfavorevole; il principio per cui il giudice non può utilizzare le norme comunitarie per dare un interpretazione contra legem ecc).
Paragrafo 3 Dalla collaborazione internazionale in materia penale ai nuovi schemi processuali interni
A partire dalla creazione delle tre Comunità europee originarie (Ceca Cee e Euratom), il cui unico scopo era quello di garantire una cooperazione economica fra gli Stati membri si sono realizzati numerosi passi avanti, che hanno portato ad una sempre più stretta cooperazione politica e giudiziaria.
- Una prima evoluzione si è avuta con la Convenzione di applicazione dell’accordo di Shengen del 1985: essa ha portato alla creazione di un’area giudiziaria europea, all’interno della quale l’interesse alla collaborazione prevale sull’interesse del singolo Shenghen ha, inoltre, garantito enormi passi avanti in materia di lotta congiunta alla criminalità con la creazione dei S.I.S. (un sistema che permette rapidi scambi di informazioni fra gli Stati, con lo scopo di individuare i soggetti ricercati e stabilire contatti fra le autorità nazionali così da facilitarne l’arresto).
Per quanto riguarda l’Italia: prima dell’adozione del Trattato di Lisbona la Corte Costituzionale aveva precisato che in caso di contrasto fra una norma interna e la Convenzione dei diritti dell’uomo, i giudici nazionali avrebbero dovuto rimettere la questione dinanzi alla Corte europea, senza tuttavia poter disapplicare automaticamente la norma interna (come avviene in caso di contrasto fra norma interna e norma comunitaria). Dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona la Corte Costituzionale si è mostrata recalcitrante a modificare il suo orientamento, nonostante la qualificazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo quale fonte del diritto comunitario…
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CAPITOLO 3 I PROTAGONISTI DEL PROCESSO
Paragrafo 1 Processo e procedimento penale
Il processo penale viene tradizionalmente definito come: “Una concatenazione di atti, compiuti da determinati soggetti, che tendenzialmente conducono all’atto finale rappresentato dalla sentenza”. Questa “catena” di atti, normalmente, inizia con la notizia di reato e si conclude con il passaggio in giudicato della sentenza e con la successiva esecuzione.
Molto spesso parlando del processo penale si usa confondere la nozione di processo con quella di procedimento (questo proprio perché il processo viene qualificato come una concatenazione di atti):
- Il procedimento in senso stretto: dal punto di vista formale esso è costituito dagli atti che precedono l’esercizio dell’azione penale.
- Il processo: abbraccia, invece, tutti gli atti compiuti successivamente all’esercizio dell’azione penale.
A prescindere da queste distinzioni formali, il fine ultimo del procedimento penale in senso lato, è il raggiungimento di una verità giudiziale, che può essere raggiunta solamente attraverso il rispetto delle regole del giusto processo, costituzionalizzare nell’articolo 111 1° comma.
Paragrafo 2 giusto processo e verità giudiziale
Nel paragrafo precedente abbiamo visto che lo scopo ultimo del procedimento penale è il raggiungimento della verità giudiziale. A tal proposito bisogna precisare che quando si parla di verità giudiziale non si intende con ciò riferirsi ad una verità assoluta, oggettivamente incontestabile. Da tempo non solo i giuristi ma anche i filosofi e gli scienziati, hanno concluso che il conseguimento di una verità
assoluta e oggettiva è un’illusione, data la mutevolezza della realtà e la possibilità di giungere in futuro a nuove scoperte e verità.
Ciò è ancor più vero in ambito giuridico, dove l’accertamento della verità avviene relativamente a fatti avvenuti in passato (che non sono per ciò suscettibili a verificazione sperimentale diretta); ad opera di soggetti (il giudice e il pubblico ministero) che sono condizionati dai propri convincimenti soggettivi; sulla base di prove caratterizzate, necessariamente, da un margine di incertezza.
La ricerca della realtà oggettiva era uno degli obiettivi perseguiti dai giuristi mentre era ancora in vigore il modello inquisitorio-autoritario: questa ricerca si traduceva, normalmente, in un bieco tentativo di imporre un determinato disegno politico celandolo dietro una parola che appare subito come intoccabile: verità.
Data l’impossibilità di raggiungere una verità oggettiva, da tempo la dottrina e la giurisprudenza, che si rifanno ad un modello accusatorio garantisca, hanno ritenuto preferibile ricercare la c.d. verità semantica: essa non mira ad accertare la verità o meno di un fatto ma semplicemente un enunciato formulato e necessario a risolvere un procedimento penale in senso lato (ad es. accertate se, sulla base delle prove, è possibile stabilire la colpevolezza di Tizio per un determinato reato)…
Queste sono solo alcune delle 339 pagine che compongono il riassunto del manuale ” Procedura Penale ” di Dominioni, Corso, Gaito, Spengher Galantini.
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