Omelia per la Solennità Dell’Epifania Del Signore

Omelia nella Solennità dell’ Epifania del Signore

Letture: Isaia 60, 1-6

Efesini 3, 2 – 3a. 5 – 6

Vangelo: Matteo 2, 1 – 12

Epifania del Signore

La festa odierna è l’occasione per una riflessione sul Cristo che si rivela ai popoli nella Chiesa. Un’Epifania dunque di respiro universale: da una parte Cristo, dall’altra il mondo; di mezzo – come segno – la Chiesa.

Oggi vogliamo cogliere un aspetto più intimo e personale della festa, riguardante, per così dire, il microcosmo, non il macrocosmo della fede: Cristo in noi. Il tema è questo: Cristo si manifesta al cuore di chi lo cerca con animo sincero. 

Ci guiderà quel testo luminoso di san Paolo che dice: E Dio che disse: Rifulga la luce dalle tenebre, rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria divina che rifulge sul volto di Cristo (2 Cor. 4, 6).

Non è un tema assente dai testi liturgici di oggi; tutt’altro! Si tratta, anzi, di cogliere l’anima nascosta di questa festa. La liturgia ci ha fatto pregare, all’inizio di questa Messa, affinché Dio, che un giorno, mediante la stella, rivelò alle genti il Figlio suo, conduca noi, mediante la fede, a contemplare la grandezza della sua gloria. Si tratta di recuperare il significato più genuino dell’episodio dei magi: fu un’illuminazione interiore e personale che li portò a Betlemme, anche se fu proprio tale illuminazione a farli solidali e compagni di altri nella stessa ricerca. Al vedere la stella, essi provarono ” una grandissima gioia “: evidentemente, Colui che cercavano guidava già la loro ricerca; era già con loro, anche se non ancora pienamente riconosciuto ( Agostino fa dire a Dio: Non mi cercheresti se non mi avessi trovato).

L’ epifania che noi vogliamo celebrare quest’anno è proprio di questo tipo: un’epifania, cioè una manifestazione di Gesù Cristo che ha luogo dentro di noi, che è colta con gli occhi del cuore, anziché con quelli del corpo, o della sola intelligenza.

Una tale epifania – dice Paolo – si realizza quando Dio rifulge nel nostro cuore e fa risplendere in esso la sua gloria con i tratti precisi che tale gloria ha assunto in Gesù Cristo. In altre parole, quando, per un misterioso incontro tra l’azione di Dio e la nostra libertà, si accende dentro di noi una luce e in tale luce ” riconosciamo ” Gesù Cristo; lo vediamo nella sua gloria divina, come lo videro i tre apostoli nella trasfigurazione sul Tabor. Solo che, nel nostro caso, tutto avviene nell’intimo e nella fede, grazie a una certezza che sentiamo intorno a Gesù, per cui sperimentiamo, senza ombra di dubbio, che lui è la verità, la speranza e la salvezza; lui e nessun altro! Una certezza che non viene da noi, ma che è suscitata dallo Spirito Santo: è lo Spirito Santo che ” rende testimonianza ” a Gesù ( cfr. Gv. 15, 26 ).

Il problema è: come far sì che queste cose siano vere anche per noi? Come celebrare ” in spirito e verità ” ( non come puro desiderio velleitario ) questa epifania del cuore?

Bisogna cominciare con piccole cose; quella famosa luce ( che si può chiamare fervore, o gioia, o fede ) a volte si accende, o si spegne, per un nonnulla; bisogna offrire al Signore dei piccoli vasi, magari vuoti o pieni soltanto di acqua, perchè egli possa darci il suo vino… Talvolta, un cristiano di buona volontà ritrova Gesù nel suo cuore semplicemente perchè ha saputo imporsi una piccola privazione, in obbedienza al Vangelo o alla coscienza, perchè si è rimesso a pregare dopo tanto tempo, vincendo magari una forte ripugnanza, perchè ha fatto un gesto nascosto e disinteressato di amore per il prossimo, perchè ha avuto il coraggio di una riconciliazione. Sono come scintille che noi provochiamo con la buona volontà, ma con esse Dio può accendere una grande fiamma.

Questa epifania spirituale che investe tutti i momenti della vita deve trovare il  suo culmine nella liturgia. Sant’Ambrogio ha scritto: ” Tu ti sei mostrato a me, o Cristo, faccia a faccia. Io ti ho incontrato nei tuoi sacramenti ! “. Partecipare con fede a un sacramento significa assistere a un’epifania di Cristo; lì, in modo tutto particolare, la gloria di Cristo rifulge nei nostri cuori. Nel sacramento avviene ciò che avvenne nell’Incarnazione: Dio si rivela velandosi. La carne, di cui il Verbo si rivestì nascendo, fu per lui come un velo: da una parte, essa ricopriva e nascondeva la divinità; dall’altra, la manifestava e la rendeva visibile e presente. Nessuno in questa vita può vedere Dio ” così come egli è ” e neppure può vedere il Cristo risorto così come egli è. Ciò è possibile solo nei cieli nuovi, dopo la grande epifania che seguirà la morte. La maestà di Dio infatti è tale che non si può vedere con occhi di carne e restare in vita ( Es. 33, 20 ). Dio non può rivelarsi altrimenti che velandosi.

Lo stesso avviene nei sacramenti, specie nel sacramento per eccellenza che è l’Eucaristia. Là – nell’Incarnazione – il velo era la carne umana; qui è il pane e il vino: ” Iesum quem velatum nunc aspicio “, Gesù che ora contemplo velato… Il pane e il vino nascondono ai nostri occhi la realtà che contengono, ma contengono la realtà che nascondono ! Perciò lo fanno presente e accessibile a noi; Gesù è presente e visibile nel pane e nel vino.

Come nel tempio di Gerusalemme, il ” Sancta Sanctorum ” era nascosto dietro un velo, così qui. Non un muro, ma un velo e quel velo, dopo la morte di Gesù, è attraversabile, è stato attraversato: Cristo ha inaugurato una via nuova e vivente per andare a Dio, quella che passa attraverso il velo, cioè la sua carne.

E’ il misterioso potere dei segni: tutto ciò che è suggerito dai simboli colpisce ed infiamma il cuore dell’uomo molto più vivacemente di quanto faccia la ‘ nuda ‘ verità priva di immagini, la quale parla solo al cervello dell’uomo e non a tutto l’uomo, corpo e spirito insieme. La nostra sensibilità, nel passare dalla realtà concreta alla realtà spirituale significata ( per esempio, dall’acqua allo Spirito, dal pane al Corpo di Cristo ), acquista vivacità e si infiamma, come una torcia in movimento ( cfr. sant’Agostino, Ep. 55, 11, 21 ).

Così avvenne a Emmaus: i discepoli che non avevano riconosciuto Cristo neppure dopo la spiegazione delle Scritture, lo riconobbero nello spezzare il pane ( cfr. Lc. 24, 30 ss. ); quel gesto simbolico e sacramentale fece cadere il velo dai loro occhi e riconobbero il Signore.

L’Eucarestia dunque è un’epifania di Cristo, anzi la suprema epifania. Essa non ci mostra solo il Gesù terreno che videro i magi, uomo tra gli uomini, ma il Gesù morto e risorto, il Gesù Signore universale e glorioso. Una luce e una forza potente è racchiusa in quei segni che non si finisce mai di sperimentare e che alimenta tutta la vita della Chiesa, passata, presente e futura. Ogni luce viene da lì.

Se la Chiesa è segno di Cristo fra le nazioni – e dunque un’epifania essa stessa – è perchè ha nel suo centro l’Eucaristia, vero ” roveto ardente ” che arde e non si consuma; un roveto che brilla in mezzo alla povertà umana della Chiesa come fuoco dietro un sipario.

Questo carattere epifanico dell’Eucaristia era vissuto, un tempo, in maniera forte dalla Chiesa; si credeva, allora, nell’epifania cultuale di Cristo ( cioè in Cristo che si manifesta ai fedeli durante il culto eucaristico ), fino al punto da udire quasi la sua voce risuonare in prima persona nell’assemblea dentro la parola del Vescovo: ” Sono io il Cristo. Venite voi tutti immersi nei peccati. Ricevete la remissione dei peccati. Sono io l’Agnello immolato per voi, io la vostra luce, io la vostra salvezza, io la vostra risurrezione. Io vi mostrerò il Padre ” ( Melitone di Sardi, Sulla Pasqua, 102 ss. ).

Non sempre e non per tutti però l’Eucaristia è un’epifania di Cristo; per molti essa continua ad essere solo un insieme di gesti morti e di cose spente che non producono nessuna impressione o soltanto un’impressione estetica. Perché ? Cosa manca ? Manca la fede ! Mancano gli occhi per vedere dietro il velo ! Quella stella nel cielo di Gerusalemme brillava per tutti noi, ma furono solo in tre a vederla… I sacramenti non sono riti magici che operano comunque e sempre, magari a dispetto del soggetto; sono riti umani, ” per gli uomini “; parlano alla volontà, al cuore, al corpo dell’uomo; perciò solo chi ha orecchi per intendere intende e solo chi ha occhi per vedere vede.

Riconosce Gesù nell’Eucaristia chi lo riconosce nella vita, chi ” cammina con lui ” per la strada, chi lo invita ad entrare in casa sua, ( cfr. Lc. 24, 15. 29 ), chi non riduce la fede ad un abito da indossare la domenica per andare a Messa e poi da riporre subito nell’armadio… All’Eucaristia bisogna arrivare pieni di desiderio, perchè avvenga la rottura del velo e si possa riconoscere lui e avere il cuore infiammato. Ecco perchè abbiamo parlato dell’epifania nella vita quotidiana, prima di parlare dell’epifania nel culto; ecco perchè abbiamo ricordato la preghiera, il sacrificio, l’amore, la compassione, i piccoli gesti.

Quando c’è questa ricerca di Gesù, l’Eucaristia non delude mai ; egli si fa presente non solo sull’altare, ma anche nel cuore.

Mettiamo insieme tutta la fede, il desiderio, il pentimento, di cui siamo capaci perchè questa Eucaristia che stiamo celebrando sia davvero un’epifania di Cristo tra noi e in ognuno di noi, perchè quel Dio che disse all’inizio: Rifulga la luce tra le tenebre, faccia rifulgere la gloria divina di Cristo nei nostri cuori.

 

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4 commenti su “Omelia per la Solennità Dell’Epifania Del Signore”

    • La ringrazio sig. Maxmaisa. Ho cercato di impostare il discorso sulla manifestazione o epifania di Cristo nel sacramento dell’Eucaristia. Il termine ” epifania ” deriva dal sostantivo greco ” epiphàneia ” = manifestazione e dal verbo greco epiphàino = mi mostro. Cristo dunque si mostra nel miracolo della transustanziazione che indica la conversione della sostanza del pane nella sostanza del Corpo di Cristo e della sostanza del vino nella sostanza del Sangue di Cristo, che avviene durante la celebrazione della messa. Occorre dare molta importanza a questo miracolo che si ripete da secoli ogni giorno.
      Ancora grazie sig. Maxmaisa e approfitto per augurarle buona festa dell’Epifania.

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  1. Caro Prof. Tanese con le sue parole riesce sempre a centrare l’obiettivo di quello che intende insegnare. Rende perfettamente chiaro Il senso e il significato della festività con l’altissimo livello dei suoi contenuti.

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  2. Molto ricca e concreta. Il richiamo alle azioni da mettere in pratica perché il tutto avvenga è veramente illuminante. L’espressione “Colui che cercavano guidava già la loro ricerca; era già con loro” rende una verità solenne e commovente, Dio presente con l’uomo fin dal momento in cui l’uomo inizia a cercarlo.

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