Omelia: Domenica dopo l’Epifania: Battesimo del Signore
Dal Natale in poi, la scelta dei brani evangelici della Messa segue un criterio cronologico corrispondente al susseguirsi storico dei fatti. Questo criterio mette in luce un fatto sorprendente: nella ” biografia ” di Gesù c’è un vuoto di trent’anni ! Liturgicamente, questo vuoto cade tra la festa dell’Epifania e la domenica successiva, in cui si commemora il Battesimo di Cristo. Nella festa dell’Epifania abbiamo lasciato Gesù in braccio a sua madre, bambino di poche settimane; la domenica seguente, ci ritroviamo davanti un uomo di circa trent’anni, confuso tra la folla che si accalca sulla riva del Giordano dove Giovanni Battista sta battezzando.
Mistero di fede per noi questo Battesimo che Gesù viene a chiedere insieme con i peccatori, come uno che attenda il suo turno davanti a un affollato confessionale. Ma mistero più grande è quello che la liturgia e il Vangelo tralasciano di narrarci: quei trent’anni di silenzio nei quali Gesù si è calato fino in fondo nella situazione umana, facendosi in tutto simile agli uomini eccetto nel peccato ( Fil. 2, 7; Ebr. 4, 15 ). Anche questo è Vangelo: Vangelo del silenzio, del nascondimento, Vangelo dei poveri uomini che sono uomini e basta; che dal mondo hanno preso solo un pò d’aria per respirare e un pò di cibo per sopravvivere, pagando tutto con il proprio sudore.
Gesù ha imitato l’uomo perfettamente. Lo ha imitato nel nascere, come la Chiesa ricorda nel tempo di Natale, lo ha imitato nel morire, come ricorderemo nella Quaresima e nella Pasqua; ma lo ha imitato anche nel vivere. Quel vuoto di trent’anni nel Vangelo deve insegnarci proprio questo: a Nazareth, per trent’anni, Gesù ha vissuto il terribile quotidiano della vita.
Ed ora veniamo a considerare da vicino il mistero del giorno: il Battesimo di Gesù nel Giordano. Questo episodio è stato sempre per la Chiesa occasione per due ordini di riflessioni: una su Gesù Cristo e una su se stessa, cioè sul proprio Battesimo. In un’altra pericope evangelica abbiamo letto l’aspetto cristologico del Battesimo nel Giordano, cioè quello che l’episodio rivelò agli uomini a proposito di Gesù Cristo: il suo rapporto di Figlio rispetto al Padre, la natura della sua messianicità fatta di servizio, la sua vocazione profetica a essere luce di tutti i popoli ( anno A ). Oggi, dobbiamo concentrarci sul significato ” per noi ” del Battesimo di Gesù, vale a dire su ciò che esso dice del nostro Battesimo.
Una volta, agli inizi della Chiesa, il Battesimo veniva amministrato, per lo più, a persone adulte che erano in grado di vivere e capire ciò che facevano. Era preceduto da un lungo e intenso catecumenato, veniva celebrato con la partecipazione attiva di tutta la comunità, specie nella notte di Pasqua. Si entrava in tal modo nella famiglia di Dio e tutta la famiglia accoglieva in festa il nuovo fratello di fede. La spiritualità del Battesimo plasmava tutta quanta la vita della Chiesa e i pastori si rifacevano sempre ad esso per illustrare i carismi e gli impegni della vita cristiana. Il Battesimo non era sentito solo come un atto, ma anche come uno stato.
Le cose, purtroppo, cambiarono a poco a poco e il Battesimo finì per essere confinato all’inizio della vita, come un rito piuttosto formale che serviva a imporre il nome al neonato e a registrarlo tra gli appartenenti alla religione cristiana. Oggi, questo non ci basta più. Sono nati movimenti catecumenali in cui numerosi cristiani tentano di rifare il loro cammino verso la fede per renderlo cosciente e operante. Riattivare il proprio Battesimo è diventato per molti l’impegno più sentito.
In forme diverse, tutti i cristiani dovrebbero partecipare a questa riscoperta del Battesimo. Ci invita a farlo la Chiesa stessa, la quale dà oggi una nuova solennità al Battesimo e spinge i genitori cristiani a prepararsi essi stessi al Battesimo del proprio bambino. Il Battesimo deve cessare di apparirci solo un rito e tornare ad essere ciò che è nel Nuovo Testamento: la condizione di vita del cristiano, il suo ” ambiente vitale “, la sua nascita che deve servire da modello alla sua crescita.
Torniamo perciò a interrogare la liturgia di oggi con questo scopo. Nel Battesimo di Gesù al Giordano sono presenti le realtà costitutive del Battesimo cristiano: la remissione dei peccati, il conferimento dello Spirito, la filiazione divina e la chiamata profetica a essere strumento di salvezza per altri. San Giovanni parlerà di una rinascita dall’acqua e dallo Spirito ( Gv. 3, 5 ) e san Paolo, di un essere innestati in Cristo, consepolti e risorti con lui ( cfr. 1 Cor. 10, 1 – 13; Rom. 6, 3 – 11 ).
Di tutte queste cose io vorrei soffermarmi su una che trovo particolarmente necessaria oggi: quella della missione profetica. Con il Battesimo, il cristiano entra a far parte della missione profetica di Gesù e del popolo messianico da lui fondato. Il nome stesso di ” cristiano ” , con cui da quel giorno ha il diritto di chiamarsi, significa ” unto “, o consacrato, insieme con Cristo. Isaia ci spiega in che consiste tale unzione ricevuta da Gesù: Ho posto il mio Spirito su di lui perchè porti il diritto alle nazioni… Io, il Signore, ti ho chiamato per la giustizia, ti ho formato come alleanza del popolo e luce delle nazioni, perchè tu apra gli occhi ai ciechi e faccia uscire dal carcere i prigionieri.
E infine ancora Isaia fa risuonare: ” Lo Spirito del Signore Dio è su di me perchè il Signore mi ha consacrato con l’unzione, mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri… ( Is. 61, 1 ).
Gesù dunque è consacrato a un servizio per tutti gli uomini: un servizio di salvezza, di liberazione, di giustizia. Ecco, dunque, anche per noi il senso profondo ed esistenziale, oltre che sacramentale, nel nostro Battesimo: esso ci ha consacrati a un servizio di salvezza verso gli altri, specie verso i poveri, gli afflitti, e verso i prigionieri di tutte le prigionie, fisiche e morali. Non dunque un privilegio. Noi ci inquieteremmo se dovessimo considerare il Battesimo un dono fatto ad alcuni a preferenza di altri, una discriminazione tra gli uomini, operata, per giunta, dal Dio che si fa chiamare Padre di tutti; cessiamo però di essere inquieti ( e siamo presi, semmai, da timore per la responsabilità ), se pensiamo che il Battesimo ci consacra per gli altri, che è un dono fatto a noi perchè noi lo portiamo agli altri.
Riscoprire il proprio Battesimo significa anche questo per la Chiesa: riscoprirsi come Chiesa per il mondo, come Chiesa per i poveri e gli afflitti, come con insistenza ci ricorda papa Francesco.
La vocazione profetica chiama il Battezzato a una testimonianza audace e piena di speranza: egli deve testimoniare che Dio è contro la schiavitù e l’oppressione del povero, contro il peccato e contro la morte.
Vogliamo partecipare a questa missione esaltante che sola può riscattare la vita dalla sua inutilità e dall’egoismo? Allora dobbiamo, senza perder tempo, uscire da noi stessi. Nella famiglia, i genitori devono cominciare a educare i figli a questa apertura verso gli altri, dandone essi stessi l’esempio per primi. Nella professione – per esempio in quella del medico – , il cristiano esplica il suo carisma profetico quando dà al suo lavoro questa intenzione in più di guarire chi è oppresso dalla terribile schiavitù della malattia. Solo questo slancio profetico può preservare noi cristiani e la Chiesa, in questo momento storico, dal cadere in uno sterile vittimismo e dalla tentazione di riedificare i bastioni appena demoliti.
Se abbiamo questo coraggio, o almeno questo desiderio ardente, di condividere la missione di Gesù per gli altri, il Padre comunicherà a noi lo Spirito del Figlio suo e, diventati così un solo corpo e un solo Spirito con Gesù Cristo, potrà pronunciare anche sopra di noi quella dolcissima parola: Tu, tu pure, sei il mio figlio diletto: in te mi sono compiaciuto!
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Molto bello. Secondo me viene reso compiutamente il senso missionario della nostra fede. Battezzati in quanto eletti. E Cristo inizio così a parlarci dal Suo Battesimo. I miei personali complimenti.