Che cos’è la Bibbia parte I

La complessità dell’argomento richiede la trattazione in diverse parti.

Che cos’è la Bibbia? La risposta è semplice: è un libro, anzi il libro che tutti hanno nelle proprie case. Tuttavia la risposta alla domanda “Che cos’è la Bibbia”non è poi così semplice come potrebbe apparire. Quando chiedo a qualcuno: che cos’è la Bibbia, ascolto svariate risposte ma difficilmente ricevo quella ‘giusta’ .

Allora ho pensato di chiarire che cosa è la Bibbia, perchè è un libro tanto noto, tanto letto ma paradossalmente poco conosciuto.

Incontro con la Bibbia

Tutti sappiamo, o crediamo di sapere, che cos’è la Bibbia. Non per nulla è il libro più diffuso nel mondo, soprattutto al nostro tempo. Ma a questa diffusione molto raramente si accompagna un’adeguata comprensione.

Potremmo paragonare la domanda ‘ che cos’è la Bibbia ‘ con quella che Gesù rivolgeva ai suoi discepoli: ” Chi dicono che io sia? ” ( Mc 8, 27 ). Gli apostoli riferirono a Gesù alcune opinioni che circolavano sul suo conto: per alcuni era Giovanni Battista (redivivo), per altri Elia, il profeta scomparso nel carro di fuoco, altri lo ritenevano come uno dei profeti. Non era facile identificare Gesù come il Messia promesso, l’inviato di Dio per la salvezza dell’uomo, il figlio stesso di Dio. Solo i suoi intimi hanno cominciato a intuirlo e lo hanno scoperto dopo la tragedia della croce e l’inattesa risurrezione.

Che cos’è la Bibbia

Si possono avere varie opinioni su ciò che è la Bibbia, ma solo un contatto assiduo e continuo ci immetterà nel mondo che essa rappresenta: essa sorprenderà, meraviglierà, scandalizzerà, forse, il lettore, come coloro che vedevano Gesù, ma solo stando a lungo a contatto con le sue pagine si arriverà a comprenderla per quello che veramente è. Il paragone con Gesù non è casuale: incontrarsi con la Bibbia significa, infatti, incontrarsi con Dio e questo incontro non avviene sul piano della letteratura, della curiosità, dell’emozione estetica, ma sul piano della vita, dell’impegno totale, del rischio, cioè sul piano della fede.

La Bibbia, infatti, rappresenta la cristallizzazione di un dialogo tra Dio e l’uomo, dialogo avviato in un certo momento della storia dell’umanità e che continua ancora. Mettersi a contatto con la Bibbia non significa soltanto informarsi di ciò che successe un certo numero di secoli fa in un angolo di questa terra, o di ciò che disse questo o quel personaggio del popolo ebraico o dei primi cristiani; significa, invece, mettersi ” in religioso ascolto della parola di Dio ” ( Dei Verbum, n.1 ) che si rivolge ora a me, uomo di questo secolo, e mi invita a rispondere.

L’informazione storica e, anche, la sorpresa o l’emozione che possono suscitare certe pagine o certi personaggi sono un primo passo, quasi un invito alla riflessione, uno stimolo alla comprensione più profonda e vitale delle realtà in cui siamo immersi e di cui la Bibbia ci documenta.

Ma questa comprensione non sarà vitale e non ci aprirà all’azione salvifica di Dio se non arriviamo a una risposta vitale al Dio che ci interpella, se non ci mettiamo in cammino, come Abramo ( Gn 12,4 ) , per le vie che questa parola ci indica.

In questo cammino non siamo soli. La lettura e la comprensione della parola di Dio non sono un fatto puramente personale, come non lo è la risposta che Dio si attende da noi. Viviamo in seno al popolo di Dio, alla Chiesa, oggi più che mai sensibile a questa parola e impegnata a rispondervi.

Una partecipazione più intensa e viva alla sua vita, specialmente alla sua liturgia, aiuterà efficacemente alla comprensione e assimilazione della Bibbia e, d’altro canto, la conoscenza della Bibbia illuminerà sempre più la vita e la liturgia della Chiesa.

Questo articolo e i seguenti  di iniziazione biblica si inquadra nel più vasto movimento biblico che deve caratterizzare felicemente il periodo attuale della Chiesa, col suo bisogno di ritorno alle fonti più genuine della vita cristiana, movimento che non vuole essere un semplice ritorno al passato, ma uno sforzo di riscoprire ciò che è meglio in grado di attivare e rendere più autentico il nostro incontro, personale ed ecclesiale, con il Dio che ci salva in Gesù Cristo e che per primo ha preso la parola rivolgendosi a noi.

Diamo ora una presentazione della Bibbia che chiameremo “esterna”. La Bibbia anzitutto non è “un” libro, ma una raccolta o collezione di scritti che si è andata formando presso il popolo ebraico e nella Chiesa cristiana primitiva, in un lungo periodo di tempo – 1300 anni circa – cioè dal tempo di Mosè, primo autore biblico vissuto nel secolo XIII avanti Cristo, alla fine del primo secolo dopo Cristo, quando furono scritti il vangelo e le lettere di san Giovanni.

Quanti libri formano la Bibbia?

Molti libri formano dunque la Bibbia, precisamente 73 ( 46 dell’Antico Testamento e 27 del Nuovo Testamento ). Alcuni di essi sono molto lunghi, come Genesi o Isaia, altri brevissimi, come lo scritto del profeta Abdia o la seconda e terza lettera di Giovanni. Questa raccolta di scritti è stata Bibbia, una parola di derivazione greca che significa semplicemente ” i libri “: i libri per eccellenza, quelli che ebrei e cristiani non hanno mai confuso con nessun altro e che hanno gelosamente custodito, perchè in essi hanno sentito risuonare la parola di Dio. Non si è trattato certo di una vaga sensazione, come si vedrà negli articoli seguenti, parlando delle loro origini.

All’interno delle due grandi collezioni dell’Antico e Nuovo Testamento vi sono altre divisioni e raggruppamenti di libri. La Bibbia ebraica, che comprende solo i libri dell’Antico Testamento (eccetto alcuni, chiamati ‘Deuterocanonici’, li raggruppa così: Tôrah (la legge) che comprende i primi cinque libri della Bibbia: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio; Nebi’îm (Profeti) anteriori: Giosuè, Giudici, 1 – 2 Samuele, 1 – 2 Re, e posteriori: Isaia, Geremia, Ezechiele e i 12 profeti minori; Ketubîm ( gli Scritti ) : tutti gli altri libri dell’Antico Testamento. Adottano questa suddivisione la traduzione TOB (traduzione ecumenica della Bibbia) e la traduzione “La Bibbia in lingua corrente” (queste traduzioni riportano i Deuterocanonici alla fine dell’Antico Testamento).

La maggior parte delle traduzioni in circolazione (CEI, Edizioni Paoline, Bibbia di Gerusalemme, Bibbia della Civiltà Cattolica ecc.) raggruppano i libri dell’Antico Testamento nel Pentateuco (corrispondente alla Tôrah), nei libri storici, sapienziali o didattici e profetici. Questa disposizione, comune alle edizioni cristiane della Bibbia, deriva in parte da quella adottata nella traduzione in greco, detta la ” Settanta “, fatta nel III – II secolo a. C. In essa, i Deuterocanonici si trovano inseriti nei gruppi di libri cui appartengono.

Nel Nuovo Testamento non viene adottata questa divisione; tuttavia, i vangeli e gli Atti degli Apostoli si possono avvicinare ai libri storici, le lettere apostoliche ai libri didattici e l’Apocalisse ai libri profetici.

Dobbiamo dire, però, che questa divisione è alquanto generica non solo perchè nei libri storici, per esempio, si trovano veri e propri oracoli profetici (cfr. Gn 3, 15; 2Sam 7, 14ss ) e massime sapienziali (cfr. 1Sam 15, 22 ), o nei libri profetici si trovano pagine di storia (cfr. Is 36 – 39) ; ma soprattutto perchè tutti i libri della Bibbia sono eminentemente profetici, nel senso più autentico di questa parola: nella grande varietà delle forme letterarie adottate, tutti gli autori sacri – detti “agiografi”- ci parlano a nome di Dio, traducono in linguaggio umano il messaggio che Dio ha voluto indirizzarci; hanno, cioè, una funzione tipicamente profetica.

Continuerò a spiegare che cos’è la Bibbia nella seconda parte dell’articolo.

Contattatemi sia per esprimere un vostro parere o aggiungere contributi, sia per una consulenza sulla stesura della vostra tesi di Sacra Scrittura. Di recente un mio allievo ha conseguito il Baccalaureato in Sacra Teologia discutendo brillantemente la tesi dal titolo: ” Chi vede me, vede il Padre ” ( Gv 14. 9 ).

 

 

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